sabato 2 settembre 2017

Ha ancora senso scrivere controcorrente? Le parole, come la pazienza, stanno finendo. Il caso degli stupri



Ma serve ancora scrivere controcorrente? Serve ancora scrivere? Se il giornalismo è ridotto a una cieca propaganda sempre più ridicola e autoreferenziale, se le cariche dello Stato e chi lo governa continuano a compiere stragi di ciò che resta ancora in piedi del senso comune delle cose, se le voci di chi si ribella sono informi, scoordinate e messe a tacere dalle sante inquisizioni in servizio permanente continuo, a che vale continuare a gridare nel deserto dei cervelli e delle anime?
La storia degli stupri di cui si riempie la cronaca in questi giorni è esemplare. Agenzie di informazione, grandi testate corazzate (sempre più sbrecciate e sbeccate) e portavoci vari ci stanno ammorbando con la velina d'ordine: spiegare che "stuprano più gli italiani degli stranieri". Ma va? Quanti italiani ci sono in questo Stato e quanti stranieri? Eppure il quaranta per cento degli stupri è commesso dall'otto per cento dei residenti, ovvero la percentuale di immigrati. Che cosa significhi è cosa talmente banale che non varrebbe nemmeno la pena, in una comunità di cerebralmente normodotati, di spiegare - conti alla mano - che gli stranieri stuprano almeno quattro volte più dei cittadini. Le cifre dicono questo
Che cosa si vorrebbe quindi dimostrare, con questa campagna mistificatoria che stropiccia i numeri come se fossero le tre carte dei truffatori? È chiaro, è soltanto una solenne presa in giro per gonzi di infimo ordine. Eppure in quanti ci cascano sempre, e con tutti e due i piedi.
Anche perché le voci che si levano per denunciarla sono praticamente marginali. Ora ci metto anche la mia, ma a che vale? Uno sbadiglio politicamente corretto e anche il mio fiochissimo lumino viene fatto spegnere nel buio delle intelligenze. Un tempo i "progressisti" si schieravano con chi gridava che il re era nudo. Oggi consumano le lingue nel leccargli i vestiti inesistenti.
Belle poi certe alte cariche dello Stato (ecco, la presidente della Camera Laura Boldrini, per esempio), che sempre molto loquaci contro la violenza delle donne e contro la grammatica, si ammutoliscono oa di fronte a una violenza che ha per autori gli intoccabili. Ed ecco quindi la frase magica: il problema non è più "la violenza" ma "il dibattito sulla violenza". La colpa è del dibattito.
E poi, in tema, c'è anche quel geniale assessore di Cinisello Balsamo targato Pd a proposito dello stupro della signora ottantunenne al Parco Nord: anche per lui il problema non è la violenza ma "la becera propaganda leghista". Eh sì, se si ha la febbre la colpa è sempre del termometro. E il primo pensiero dopo lo stupro non è di preoccuparsi per la vittima ma di allarmarsi per Salvini.

D'altra parte, questo signore era lo stesso che non voleva credere che qualcuno avesse violentato una signora ottuagenaria proprio nel suo adorato parco dove va a correre e - giura - non ci sono problemi.
Aveva pensato che anche questa era propaganda, con un epic fail di quelli che però nessuno fa notare.

Che dire? Siamo in mano a personaggi di questa levatura politica, di una lungimiranza al cui confronto quella di una talpa nella tana è la paragonabile a quella di un osservatorio astronomico.
Eppure nei social e nei salotti il mainstream, come ordinano le veline, si chiude a riccio. Perché -a maggior ragione con l'avvicinarsi delle elezioni - ha sempre più paura e quindi si fa sempre più idiota e cattivo al tempo stesso. E quindi pericoloso. La propaganda suona i suoi pifferi e chi stona è sempre più fuori, come prima e più di prima, mentre i benpensanti volontari e quelli retribuiti sono ancor più pronti a scagliare insulti e anatemi (e quando possibile anche altro) contro le pecore nere che non seguono il gregge.
Ecco, se il livello è questo, a che vale perdere ancora tempo a scrivere, denunciare, farsi venire il sangue cattivo? Molto meglio spezzare la penna, sfasciare gli strumenti di scrittura, lasciarli fare.
Ci pensano i fatti e le inevitabili derive a condurre il gioco. Il dibattito è finito.
Le parole, insieme alla pazienza e alla sopportazione, si stanno esaurendo per davvero. Qualcuno però pensi a un piccolo corollario: finite le parole i problemi continuano. Cambiano soltanto i mezzi per esprimerli e non saranno certo migliori.

1 commento:

  1. E come non essere d'accordo con te? Anche a me, leggendo certi post, si avvelena il fegato e penso che di fronte al buonismo e a quelli che si ostinano a negare l'evidenza ci sia poco da fare se non, come dici tu,smettere di scrivere,anzi distruggere direttamente gli strumenti di scrittura. E' veramente sconcertante come anche di fronte all'attentato di Barcellona o allo stupro di Rimini (solo per citare i casi più eclatanti) la colpa sia comunque della stessa parte.E appena uno esce dal politically correct viene subito bersagliato. A questo proposito mi sento di esprimere la mia solidarietà nei confronti di Fabrizio Bracconeri che ha sicuramente sbagliato nella forma, ma non nella sostanza.
    Tornerò ancora da queste parti.
    un caro saluto.
    Francesco Pederoda

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it