sabato 30 settembre 2017

Catalunya Lliure, ovvero del perché gli italiani non possono capire nulla di quello che accade quando un popolo si sveglia


"Globalisti, indipendentisti pagati da Soros, servi di Juncker". "Etnofascisti, rozzi egoisti, che Madrid li schiacci con i carri armati". "Comunisti, sono solo comunisti, gli indipendentisti veri sono stati egemonizzati dai rossi".
Sono tre opinioni diverse, opposte tra loro e distanti come i vertici di un triangolo equilatero, ma tutte si riferiscono alla stessa situazione: il referendum per l'indipendenza della Catalunya, voluto dalle istituzioni e dal popolo catalano con ogni mezzo, e che Madrid ha voluto impedire con ogni mezzo.
Comunque finisca, nulla sarà più come prima.
Tranne una cosa certa e sicura come acqua di fonte: l'incapacità congenita degli italiani di ogni ordine e grado di capirci qualcosa di sensato.
Veniamo al nostro triangolo. Frequentando i social network, l'impressione è quella di una confusione estrema. I media del Belpaese ci hanno messo del loro. Tranne forse negli ultimi giorni in cui si è notata una timida resipiscenza, nessuno ha spiegato nulla di serio e tutti hanno parlato da grandi esperti senza capirci un tubo di nulla. L'impressione giunta a chi è esterno alla tematica e si è informato solo sui media mainstream, è che pazzi catalani fuori dal tempo si sono inventati la loro marcia del Po e hanno baciato l'ampolla. Punto.
E proprio da qui partiamo. Chi dovrebbe intendersene di indipendenza, di indipendentismo e di processi di autodeterminazione sarebbero dovuti essere proprio i leghisti. Ma qui iniziano i problemi. La Lega di oggi non è più quella di ventuno anni fa e, a dire il vero, nemmeno quella di quattro anni fa quando l'attuale segretario ribadiva che lo scopo del movimento era quello scritto nello Statuto, vale a dire l'indipendenza della Padania.
Divenuta la Lega nel frattempo sovranista, almeno a livello ufficiale i suoi vertici hanno comunque  formalmente e doverosamente appoggiato il referendum catalano, anche se certo non con l'entusiasmo d'altri tempi.
Ciò che sconcerta di più, però, sono le posizioni di molti leghisti di base ex indipendentisti divenuti oggi fautori del mantra "Prima gli italiani", oggi a fianco di Madrid con un realismo davvero ben oltre quello degli stessi reali di Spagna.
Confondendo i radical-cinquestellosi Podemos con gli indipendentisti, aggiungendoci una spruzzatina di Soros che non fa mai male, molti leghisti di base ex indipendentisti si sono scoperti - strano a dirsi - neofalangisti, disamorandosi dei popoli in lotta e ritrovandosi a fianco dei poliziotti mandati a reprimerli nel nome del dio Stato unico e indissolubile lo-dice-la-Costituzione e lo-dice-il-papa-re.
Poco importa se quella di Soros-che-finanzia-l'indipendenza sia una bufala gigante, scaturita da un articolo ripetuto ad infinitum in cui si dà conto di un finanziamento da parte di Open Society, l'organizzazione del filantropo palindromo, a una "organizzazione diplomatica" catalana.
Il finanziamento c'è stato, documento pubblicato alla mano, ma ad una manifestazione sull'immigrazione che con l'indipendenza non ci azzeccava proprio nulla. E poi di ben ventisettemila dollari, un capitale degno di De Paperoni, praticamente il prezzo di un'automobile media. Per il signor palindromo, meno di un'elemosina, altro che "finanziamento". E poi, francamente, che interesse potrebbe avere il signor destabilizzator dell'Ucraina e del Medio Oriente e dell'Europa tutta tramite l'invasione dei migranti a destabilizzare la piccola Spagna di Rajoy, tra l'altro uno dei più fedeli servitori dell'oligarchia europea e massonico-internazionale? Siamo seri, suvvia.
Però nulla. Controordine compagni, per gli ex indipendentisti i fratelli catalani sono diventati arcobaleno Glbt immigrazionisti mescolazionisti kalergici piscia-per-strada (dalla celebre foto radical provocatoria della portavoce del sindaco di Barcellona, che con l'indipendentismo ci azzecca quanto me con il surf) e che il diavolo li porti. Ordine e disciplina, ritorni Francisco Franco, cribbio.
E veniamo ora alla sinistra rosé. Quella per cui bisogna delegare la sovranità. L'indipendentismo catalano? Roba da etnofascisti, nostalgici, quelli sono tutti brutti xenofobi. E peccato che tra le foto degli indipendentisti in marcia vi siano simpatici sikh con il turbante o donne in niqab o ragazze nere con i cartelli "Io sono catalano" scritto in català, naturalmente. Quelle che per gli ex indipendentisti leghisti sono "dimostrazione del diavolo immigrazionista zecca comunista celato negli indipendentisti catalani", per i rosé semplicemente non esistono. Non li hanno visti. Desaparecidos. Tutti pericolosi etnofascisti.
Lasciamo perdere poi i sovranisti, che cito solo di striscio. La nuova religione sovranista è statolatrica. Lo Stato non si tocchi, è il baluardo contro il superstato massonico globalizzato. E peccato che lo "Stato nazione" idolatrato non sia altro che la creatura frankensteiniana ottocentesca massonica-giacobina, cucita ad immagine e somiglianza degli interessi della grande borghesia capitalistica, quella stessa che oggi vorrebbe lo Stato unico europeo e prossimamente pure mondiale. Lamentano lo "Stato artificiale" Ue e poi venerano come reliquie dei santi lo "Stato nazione artificiale" italiano, i suoi miti e i suoi riti massonici e giacobini a partire dalla bandiera.
I sovranisti hanno capito tutto e chi attenta al loro feticcio è il Male che vuole regalare tutto ai Poteri Forti. Amen. Mancano le scie kimike ma quelle le lascio volentieri all'immaginazione.
Insomma, ciascuno nel valutare l'indipendentismo catalano non valuta i fatti ma la propria ideologia di partenza. Perché l'enorme equivoco su cui i media mainstream hanno marciato per trent'anni è proprio questo: "lo Stato è sacro e chi lo vuole disgregare è leghista, fascista (sic), xenofobo", magari anche idrofobo, pedofilo e citofono, ché le parole greche fanno sempre molto figo quando devi insultare o confondere qualcuno a mo' del latinorum di Don Abbondio dei Promessi sposi.
D'altra parte, un popolo, quello italiano, che non esiste e i popoli (quelli sottomessi e fiaccati dallo Stato italiano) che non sanno più di essere tali né di avere una loro lingua propria, non sono in grado di comprendere davvero che cosa sia un popolo vero, consapevole di esserlo. Che parla una lingua della quale è orgoglioso, che vara una legge per cui il 60 per cento delle canzoni trasmesse alla radio deve essere in catalano, che espone migliaia e migliaia di bandiere indipendentiste fuori dai balconi anche delle scuole. Che non va a lezione di arabo ma organizza corsi di catalano per integrare gli immigrati.
Il cervello massificato e distrutto dal nuovo fascismo della civiltà dei consumi (possiamo far risorgere in qualche modo Pier Paolo Pasolini, per favore? Anche con un ologramma, ma abbiamo bisogno di lui oggi più che mai) non è in grado di capire che un popolo che integra gli immigrati a partire dalla propria lingua è un popolo. Un popolo che rinuncia alle divisioni ideologiche anche estreme (marxisti e centristi, indipendentisti che si sono fatti la guerra e ora sono alleati verso il progetto comune) e marcia compatto in direzione della libertà è un concetto troppo grande per l'atrofizzato cervellino dell'italiano medio.
Se non può classificare un fenomeno in destra-sinistra, guelfo-ghibellino, interista-juventino, progay-omofobo, se non può fare il manicheo, l'italiano si confonde. Perde il senso, va in corto circuito, dice cose strane e buffe, degne del teatro dell'assurdo di Beckett.
Ancora una notizia per tutti, la ripeto: il popolo catalano prima di ogni altra cosa è un popolo. Un popolo che pensa al proprio futuro e non a scannarsi il più in fretta possibile e a divertirsi con le cesoie vicino ai propri gioielli di famiglia per il gusto perverso di fare incazzare la moglie.
Gli italiani, questo, non lo capiranno mai. Anche chi pensava di non essere italiano e ci è ricaduto è destinato a restare schiavo per sempre.
La libertà è un concetto troppo vasto per essere compreso da chi non conosce altri orizzonti ideali di quelli dei confini ristretti della propria misera gabbia.

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it