sabato 18 febbraio 2012

Il gambero di Sanremo

Il sermone di Celentano e la farfallina di Belen, ovvero il teatro che fa di questa insopprimibile kermesse una fantastica arma di distrazione di massa per il popolo italiota. Bene. E poi, un po' di musica decente, finalmente: Patti Smith & Marlene Kunz. Detto fra di noi, l'unica cosa di musicale per cui valeva scomodarsi di prestare un po' di attenzione al Sanremo di quest'anno, anche se non hanno presentato certo nulla di nuovo. Tutt'altro. In ogni caso, Impressioni di Settembre e Because the Night stanno a Sanremo come un Moet & Chandon sta in una mensa ferroviaria, con tutto il rispetto dovuto ai ferrovieri.
Ma la novità dell'anno scorso, l'unica novità per cui il polveroso ancorché scintillante appuntamento si è potuto finalmente presentare come moderno? Quale? Chi aveva guadagnato il quarto posto, a sorpresa, con una spumeggiante canzone in una lingua regionale che si ascolta volentieri ancora oggi, a un anno di distanza? Ma Davide Van De Sfroos, naturalmente. Quest'anno, nisba. Si è tornati indietro all'italiano puro e stantio, quasi come se il lavoro di anni per svecchiare il festival ridandogli un po' di vita con le musiche e le lingue dei territori fosse passato invano. Qualche cosa in napoletano di repertorio, e questo non fa certo notizia. Tutto il resto è silenzio e banalità muffe, ad usum delphini. Il Gambero di Sanremo dice di guardare avanti, ma in realtà si è rituffato, quest'anno, nel mare delle ovvietà da cui era sembrato voler fuggire. Contento lui.

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it