venerdì 17 febbraio 2012

Ci mancava pure l'accordo della Ue con il Marocco: viva la crescita. Della miseria.

Certe cose arrivano sempre puntuali: in un momento in cui la crisi del sistema europeo ed occidentale ha iniziato la sua marcia a tappe forzate verso il baratro, ci voleva qualcosa che ne accelerasse ancora di più la corsa. E che cosa ti va ad inventare il mefistofelico accrocchio di poteri finanziari ed usurari chiamato Unione europea? Un bell'accordo con il Marocco per la liberalizzazione del commercio di prodotti agricoli e della pesca. Proprio quello che ci voleva per risollevare le sorti dei settori produttivi, in primis il settore primario d'Europa, in particolare quello dell'area del Mediterraneo. Le cronache danno per "sofferta" la votazione all'Europarlamento: 369 i sì (tra cui, peraltro, quello del professor Romano Prodi, che le classi lavoratrici l'abbiano perennemente in gloria), 229 i no e 31 astenuti. Paradossalmente, il relatore francese che ne ha proposto la bocciatura era quel José Bové già leader della rivolta "no global" dei produttori francesi di formaggio. Bocciatura bocciata, l'accordo è passato. E Bové ha ritirato il suo nome, denunciando "gli effetti negativi sui piccoli agricoltori europei, per le condizioni precarie di lavoro e ambientali in Marocco e per l'inclusione del territorio del Sahara Occidentale, punto che violerebbe il diritto internazionale".
Già, il Sahara occidentale, il popolo Saharawi e il Fronte Polisario, per tenere fuori il quale dai suoi territori il Marocco ha costruito il muro più lungo della storia: una barriera fisica lunga 2720 chilometri, una vergogna della quale in Occidente non si parla. Ma tant'è: ora la "vulgata" vuole che la "primavera araba" porti la democrazia nel Maghreb, e allora chissenefrega dei Saharawi e degli agricoltori e dei pescatori d'Europa. Si arrangino, per vivere mangino la carta sul quale c'è scritto l'accordo con il Marocco, e si dedichino ad altro. Insomma, non siano troppo monotoni. Oppure imparino a lavorare per hobby o per la gloria, siano competitivi e anziché usare il gasolio ormai diventato caro come l'oro, per il loro lavoro tirino a piedi gli aratri e a pescare ci vadano a nuoto.

Quindi, in conclusione: il settore secondario, la produzione industriale, è ormai delocalizzata. Il primario, cioè l'agricoltura e la pesca, anche. Non bastavano le Pac, le quote e le contingentazioni della produzione. Ora importiamo anche, prodotti a prezzi ancor più bassi della miseria che viene riconosciuta agli agricoltori per quello che producono qui. Complimenti vivissimi, il piano è davvero formidabile.

Tra i primi a lanciare il grido di dolore e di battaglia, i "Forconi" siciliani: "Questa è la firma ad una sentenza di morte per l’economia della Sicilia. Il 6 marzo porteremo la Sicilia e i siciliani a protestare a Palermo davanti al palazzi del potere per dare una spallata a questo governo che non riesce a difendere il suo popolo. Giorno 11 marzo saremo a Chianciano e da lì partirà anche l’offensiva nazionale", ha affermato il leader dei "Forconi" Mariano Ferro. "Siamo alla disperazione - ha aggiunto - ma non ci vogliamo suicidare. C'è poco da fare, vogliamo combattere questi governi che vogliono farci pagare il conto nella totale disattenzione dei partiti politici nazionali". "Quello votato oggi e' un accordo che continua a penalizzare l'agricoltura mediterranea, l'ortofrutta in primis e che ancora una volta risulta sbilanciato verso gli interessi delle produzioni continentali e di altri settori economici ed avra' l'effetto di aumentare le importazioni verso il nostro paese, tra l'altro negli stessi periodi di massima produzione delle nostre produzioni ortofrutticole meridionali. E' difficile pensare allo sviluppo del nostro sud se l'Europa continua a muoversi su queste direttrici", ha detto da parte sua il presidente di Fedagri-Confcooperative Maurizio Gardini, anche a nome di Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital. "L'accordo di libero scambio tra Ue e Marocco metterà a rischio migliaia di imprese e posti di lavoro. Un danno enorme per tantissimi agricoltori che sono già stati colpiti duramente dalla grave crisi economica. Per il nostro sistema agricolo ed agroalimentare l'impatto sarà catastrofico'', si legge in un comunicato della Confederazione italiana agricoltori. ''L'accordo - rileva la Cia - risulta molto piu' favorevole al Marocco e a rimetterci saranno esclusivamente gli agricoltori europei. Soprattutto l'Italia verrebbe invasa da prodotti ortofrutticoli (pomodori, zucchine, cetrioli, aglio, agrumi e fragole) a prezzi estremamente competitivi, visto che i costi di produzione e della manodopera nel paese magrebino sono molto piu' bassi dei nostri''. Stessi toni nei commenti della Coldiretti: "Un accordo squilibrato che colpisce duramente l'agricoltura italiana In un contesto già particolarmente difficile dal punto di vista economico e sociale". L'assessore all'agricoltura della Regione Piemonte, Claudio Sacchetto, non è stato meno pesante: "Un vero e proprio colpo basso al comparto ortofrutticolo italiano il quale dovrà fare i conti con una concorrenza spietata causata dalla possibile invasione sul mercato di prodotti ortofrutticoli provenienti dal Marocco. Una decisione, quella del Parlamento Europeo, che può dirsi avventata e contro il bene degli agricoltori. Credo che non si debba confondere lo spirito del libero mercato con una completa deregolamentazione delle regole sul libero scambio fra Paesi e realtà profondamente diversi in materia di rapporti interprofessionali e quindi di costi di produzione. Vorrei una volta per tutte sapere perchè l’Unione Europea applica il liberismo ortodosso soltanto in agricoltura e decisamente meno in altri settori. Al contrario ritengo sarebbe necessario implementare o introdurre le soglie di dazi onde evitare di soccombere sull’altare del libero scambio che in realtà viene applicato solo dall’Europa, in quanto anche altri grandi Paesi come gli Stati Uniti ed il Giappone applicano forme di parziale protezione delle loro produzioni. Il libero mercato o è uguale per tutti o non è”.
C'è anche una terza possibilità: che per i "soliti noti" sia molto, ma molto "più uguale" che per gli altri.

Nessun commento:

Posta un commento

Informazioni personali

La mia foto
Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it