lunedì 2 aprile 2012

Se Mario Monti smentisce Mario Monti. Sacrifici equi o sacrifici rozzi?

Mario Monti, in un impeto di autocritica evidentemente non del tutto sobria, smentisce Mario Monti. O forse il Prof è caduto vittima di uno sdoppiamento di personalità dovuto a troppo stress da jet lag tra Italia ed Asia. Può anche essere che al robottino Monti impersonato dal geniale Maurizio Crozza si sia fuso qualcuno dei proverbiali circuiti di mille valvole. Molto più probabilmente, il premier non sa più che pesci pigliare e, a seconda delle circostanze e degli interlocutori, emette le prime frasi di circostanza che gli vengono in mente pur di tentare di difendersi dal precipizio in cui ha iniziato a sprofondare in silenzio la sua popolarità.
Fatto è che appena lunedì scorso, con la testa letteralmente tra le nuvole in quanto sul volo di Stato che lo trasportava a Seul, l’ineffabile Prof, con i sobri toni di circostanza che gli sono consueti, cercava di convincere i giornalisti e i cittadini del Belpaese che gli esponenti del Governo avessero «cercato in questi mesi di essere equi nel distribuire i sacrifici». Malgrado i giornalisti si siano fatti convincere senza troppa difficoltà, la dichiarazione del premier, naturalmente, cozzava di netto  con la realtà di questi giorni. Non certo quella raccontata all’unisono dagli allineatissimi organi di informazione ma, molto più prosaicamente, una realtà stampata a chiare lettere e a scarsi numeri nelle buste paga di marzo. Per quelli, naturalmente, che una busta paga si possono permettere ancora ancora il lusso (o la monotonia, sempre per usare le parole di Monti) di potersela portare a casa.
Ieri, a sorpresa, le agenzie battevano invece il controordine, sempre proveniente da un Monti in viaggio ad Est, in particolare da Pechino. Alla parola “sacrifici” il presidente del Consiglio  affiancava infatti uno sbalorditivo aggettivo, ben diverso dal primo: non più “equi” bensì “rozzi”.
«Gli aumenti fiscali e tariffari - ha sottolineato il presidente del Consiglio in conferenza stampa -  sono strumenti un po’ rozzi, il risultato differito di decisioni prese in passato». Inutile dire che ne ha comunque difeso quella che ritiene essere la loro ineluttabilità: senza questi sacrifici, ha detto, l’Italia rischiava di finire come la  Grecia. A suo onore, dopo quella frase sul passato che sembrava tanto uno scaricabarile, ha però voluto precisare che per i sacrifici  «sono pronto ad assumermi le mie responsabilità, sono stati introdotti da questo Governo». Per il futuro, ha aggiunto, «dobbiamo dobbiamo trovare strumenti più sofisticati».
Nel frattempo, prima che i sacrifici da “rozzi” arrivino quindi ad essere “sofisticati”, la pace sociale è garantita dal fatto che, malgrado tutto, le piazze restano vuote. Come le nostre tasche.
“Occupy” e l’antagonismo da soli non bastano
Migliaia di manifestanti, soprattutto provenienti dalla sinistra oggi extraparlamentare, dai centri sociali e da alcune sigle dei sindacati di base, ieri hanno dato vita a Milano, sotto la sigla di “Occupy Piazza Affari” ad una manifestazione di rivolta contro «lo strapotere delle banche», si leggeva negli striscioni, e contro la piovra della finanza globale abilmente riprodotta in cartapesta e dai cui tentacoli pendeva la triade Monti-Fornero-Passera. La parte scesa in piazza, tuttavia, resta marginale rispetto alla stragrande maggioranza di un Paese che ancora viene tenuto artificialmente calmo dall’acquiescenza di stampa, tv e sindacati maggioritari. Tutti soggetti ben allineati e coperti con i poteri forti e con i loro rappresentanti fraudolentemente al Governo.
Ben diversa, ad esempio, la situazione in Spagna, dove giovedì scorso i sindacati più rappresentativi hanno dato vita ad uno sciopero generale contro le politiche del premier Mariano Rajoy. Una fermata dal lavoro su tutto il territorio del Regno di Madrid che una fonte come il Sole 24 Ore ha definito «con alto tasso di adesione».
Il punto, però, è sempre lo stesso: lì la sinistra istituzionale, quella che tiene tese e funzionanti le cinghie di trasmissione con i lavoratori ed i sindacati, si trova comoda e tranquilla all’opposizione. Non certo come in Italia, dove pur con mille mal di pancia ed una lacerante guerra interna, le forze che si dicono “di sinistra” rappresentate in Parlamento continuano ad appoggiare la macelleria sociale della triade Monti-Passera-Fornero.
Agli “Occupy”, quindi, viene lasciato volentieri l’incarico di manifestare per conto loro, ma in ordine sparso, e con la sottaciuta speranza che scontri, incidenti o semplicemente gesti un po’ troppo plateali come quelli di ieri contro le banche a Milano, inducano l’opinione pubblica a dissociarsi non soltanto dai metodi di lotta ma anche, di conseguenza, dalle sacrosante ragioni di chi dichiara di volerla combattere.
Un teatro già visto in tante epoche e in tante latitudini. Non saranno certo i mattoni malamente impilati dai manifestanti di fronte all’ingresso della Bnl o la vetrina annerita dell’Unicredit ad impedire che lo scempio sociale si compia. Il balbettio incoerente di chi è al Governo ed il silenzio compiaciuto di chi dovrebbe fare informazione sono ancora una volta al servizio dei potenti.

(pubblicato su la Padania di domenica 1° aprile)

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it