venerdì 23 marzo 2012

La Sardegna vuole ridiscutere l'italia. Fortza paris!

Castéddu (Cagliari)  - La Sardegna vuole ridiscutere il “patto” con lo Stato italiano. È stata davvero rivoluzionaria la presa di posizione dell’altro giorno del Consiglio regionale sardo: non era mai accaduto che  una Regione mettesse ufficialmente in discussione, attraverso un atto votato a maggioranza nella propria assemblea elettiva, gli assetti politici ed istituzionali che la ingabbiano in uno Stato dal quale si sente sempre meno rappresentata.
«Per la prima volta nella  storia italiana una Regione sottoporrà a verifica le ragioni della  permanenza nello Stato, il fisco, il sistema dei diritti e dei doveri, gli obblighi di sussidiarietà e leale collaborazione tra istituzioni. In altre parole: le ragioni dello stare insieme». Così spiega la portata di quanto accaduto  Giacomo Sanna, capogruppo del Partito Sardo d’Azione in  Consiglio regionale della Sardegna e primo firmatario dell’ordine del  giorno approvato mercoledì a larga maggioranza (31 voti favorevoli e 25 contrari)   dall’assemblea. Il documento presentato dal Partito sardo d’azione è  stato sottoscritto anche da Sel, Udc, Fli, Idv, Api. Ha votato a  favore una parte del Pdl e contro tutto il Pd e i Riformatori.   L'ordine del giorno, unico nella storia dell’Autonomia speciale  della Sardegna e non solo, prevede che «il Consiglio regionale, preso atto delle  ripetute violazioni dei principi di sussidiarietà e di leale  collaborazione da parte del Governo e dello Stato italiano nei  confronti della Regione Sardegna, delibera di avviare una sessione  speciale di lavori, aperta ai rappresentanti della società sarda, per la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile  con lo Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e  della permanenza della regione Sardegna nella repubblica italiana».
«La verifica sarà fatta in modo pacifico e legale e senza  esiti precostituiti. Per la prima volta la Sardegna giudicherà  l'Italia, senza separatismi, senza eversione - si legge nel sito del  Partito sardo d’azione - ma solo ponendo sul piatto una questione  semplice: stare in uno Stato comporta la vigenza di un patto  equilibrato e giusto, quale oggi questo patto non è».
Durante la presentazione dell’odg, il consigliere del Psdaz Paolo Maninchedda ha pronunciato parole di fuoco circa l’attitudine italiana nei confronti della Sardegna e delle altre Regioni. «L’Italia - ha ricordato -  ha impugnato, con la Corte costituzionale, tutte le leggi di questo Consiglio regionale e imposto a tutte le Regioni un presidenzialismo becero, giacché ha bocciato tutti gli statuti e le leggi statutarie che non avevano queste caratteristiche».
«Questa è l’Italia e a questa Italia non ci si può presentare con la solita logica della rivendicazione - ha proseguito -,  occorre fare un passo avanti. Questo Consiglio ha respinto la mozione sull’indipendenza, noi ne prendiamo atto ma chiediamo una cosa: che voglia considerare oggi, con un ordine del giorno, l’apertura di una sessione speciale dei suoi lavori, aperta alla società, ai deputati e ai senatori, impegnata a verificare la convenienza del nostro permanere nella Repubblica italiana».
«La nostra proposta - ha concluso - è di sottoporre a verifica da subito la vigenza dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione, per accertare se essi siano rispettati da entrambe le parti; la nostra proposta è sottoporre l’unità d’Italia a verifica di giustizia e di vigenza».
Ieri la reazione della stampa “ufficiale” che ha rilanciato la notizia è stata allarmata: il Sole 24 Ore ha infatti pubblicato sul suo sito un articolo in cui si parla esplicitamente di «rischio secessione» che «soffia da Cagliari e non solo dalla sede della Lega Nord di Via Bellerio a Milano». D’altra parte, che i popoli si stiano risvegliando da Nord a Sud non è certo, almeno per chi legge il nostro giornale, una novità di oggi.
(pubblicato su la Padania di oggi, 23 marzo 2012)

giovedì 8 marzo 2012

Donne che odiano gli uomini. 50 mila maltrattati ogni anno, la violenza di cui non parla nessuno

Un'inquietante e sconcertante inchiesta riportata dall'agenzia Adnkronos: 50mila uomini maltrattati ogni anno dalle donne. Donne che odiano gli uomini. Una realtà spesso sconosciuta, quella dei maltrattamenti, psicologici, fisici e sessuali che ogni anno circa 50mila uomini italiani subiscono per mano di mogli o compagne, soprattutto in fase pre o post separazione e quando ci sono di mezzo i figli. A stimare all’Adnkronos le cifre del fenomeno è Vincenzo Spavone, presidente dell’Associazione Genitori separati dai figli (Gesef). Un dato che fa ancora più "effetto" in occasione della giornata della donna che si celebra oggi. Come risulta da un’indagine condotta dall’associazione, monitorando circa 27mila uomini-padri, separati o separandi che si sono rivolti allo sportello di ascolto Gesef, "il fenomeno della violenza sugli uomini è tutt'altro che marginale", anche se "gli episodi di lieve e media gravità - emerge dalla ricerca - non vengono percepiti dai soggetti come reato: pertanto non vengono mai denunciati, e solo raramente rivelati ad amici o familiari. Soprattutto perchè fra gli uomini prevale un sentimento di vergogna e umiliazione, nonchè il dubbio di non essere creduti". Per questo solo il 5% degli episodi di maggiore gravità viene denunciato alla autorità pubblica, in particolare nella fase di crisi della coppia o dopo la separazione. Denunce spesso ritirate per arginare la conflittualità della controparte o che finiscono nel calderone del giudizio di separazione. Fra gli episodi di maltrattamenti fisici riferiti dagli uomini, si va dagli spintoni e strattonamenti (subiti dal 93% degli uomini durante la convivenza e dal 34% dopo la separazione), a schiaffi, pugni e calci (subiti dal 56% durante la convivenza e dal 23% post separazione), fino al tentativo di soffocamento, ustione, avvelenamento, lesione ai genitali o investimento con l’auto (subiti dal 20% degli uomini) o alle ferite con corpo contundente, coltello o forbici che hanno richiesto l’intervento sanitario (15%).
Ma la violenza psicologica - secondo il presidente del Gesef - è la più "pesante" da sopportare per gli uomini. Una violenza che, durante la convivenza "viene percepita dalla maggior parte dei soggetti - emerge dallo studio - come lesiva della dignità personale e del ruolo familiare. Mentre dopo la separazione, la violenza subita è identificata principalmente come stato di perenne tensione vendicativa/distruttiva, ovvero uno strumento per corrodere la propria relazione con i figli". E anche "il 'mobbing giudiziario" diventa una strategia di "bombardamento per procura". In questi casi, gli uomini arrivano spesso a sviluppare stati di profonda angoscia, arrivando a non aprire più la cassetta della posta o a non rispondere al campanello nel timore di vedersi recapitare ulteriori ingiunzioni. Fra le violenze psicologiche, al primo posto figurano "le azioni o minacce di azioni finalizzate a togliere i figli" riferite da ben l'89% degli uomini-padri, dopo la separazione. La stessa percentuale denuncia diffamazioni, ingiurie, umiliazioni e offese; seguite (con l'87%) da critiche e denigrazione sistematica sulle capacità genitoriali e l’educazione dei figli. Ma non mancano episodi di stalking, sia durante la convivenza (23%) che dopo la separazione (42%), e minacce di suicidio o di far male ai figli.
E ancora: violenza sessuale, un fenomeno fra i più sconosciuti alle cronache, ma che riguarda "tutti quei processi o episodi che producono effetti devastanti sulla personalità e nell’ambito psico-fisico dell’uomo vittima, equiparabili e talora superiori a quelli dello stupro subito dalla donna", spiega la ricerca. Si va dal rifiuto sistematico e prolungato del rapporto sessuale da parte della donna, riferito dal 68% degli uomini, ai casi in cui le donne denunciano strumentalmente di aver subito molestia o violenza o denunciano abusi sessuali sui figli (con percentuali del 33%). Infine: la violenza economica. Durante la convivenza, in oltre 1/3 dei casi si verifica una resistenza della partner lavoratrice retribuita alla condivisione delle spese per la casa e il mantenimento dei figli, che incidono perlopiù sul reddito del soggetto vittima. Percentuale che dopo la separazione aumenta al 79%. Fra gli altri comportamenti: la sottrazione di fondi bancari cointestati (denunciata nel 60% dei casi durante la convivenza) o di beni e oggetti di comune proprietà (67%), fino al ricatto economico, ovvero la possibilità di frequentare i figli in cambio di una somma più consistente di denaro per il loro mantenimento.

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it