giovedì 22 dicembre 2016

Anche la vittima italiana di Berlino se n'era andata "fuori dai piedi". Facciamolo tutti.

Non passa giorno in cui le contraddizioni sempre più visceralmente stranianti di quest'epoca lercia di fine impero non si manifestino sempre più grottesche ed insostenibili.
Il ministro del lavoro artefice della macelleria del jobs act, sopravvissuto come la stragrande maggioranza dei suoi sodali alla disfatta referendaria, tale Poletti dall'aspetto e dall'accento di un Guccini svuotato di ogni contenuto, riempito degli ordini dei padroni, rileccato ed esteticamente reso simile a un prodotto da reality show berlusconiano, proclama tutta la sua bestialità circa i giovani in fuga da questo Paese immondo e marcescente straparlando del bene che alcuni di loro farebbero ad andarsene "fuori dai piedi".
Poco dopo, una di questi giovani, convinta di essersene andata in Germania proprio perché l'italia è "un Paese di dinosauri", cade vittima della lotteria islamica che, in questo Occidente ormai privo di qualunque genere di appiglio culturale e identitario nonché di amore per se stesso e per la sua Storia, ogni tanto reclama le sue vittime scelte a caso nel mucchio.
Il ministro, di converso, recita il pater-ave-gloria ma resta al suo posto, perché i dinosauri non si vogliono estinguere. Il potere che li mantiene in vita è più forte di qualunque meteorite di dignità, di rispetto, di buon gusto. Gli stronzi restano sempre a galla quando le fogne sono in piena, possiamo dire, pareggiando così con gli interessi il conto del buon gusto ministeriale.
Quanto alla giovane che se n'era andata "fuori dai piedi" - recitano le cronache - era un'immigrazionista convinta. Repubblica, il vangelo quotidiano dei borghesi progressisti e politicamente corretti di regime, è stata chiara: "Cittadina del mondo, Fabrizia appartiene alla cosiddetta generazione Erasmus, ha scelto un percorso formativo orientato all’integrazione tra i popoli e alla lotta alla discriminazione". Così l'ha descritta.
Riposi in pace, con enormi dolore, rabbia e tristezza.
Ma non si può non osservare che chi ha costruito questo sistema bestiale, in cui ci hanno instillato l'idea folle e demenziale per cui sarebbe cosa saggia rinunciare a tutto ciò che siamo, abbattere tutte le difese, aprire le porte alle invasioni fisiche e paraculturali, ha iniziato a divorare pure i propri figli.
L'incattivimento  osceno di reazione, per cui già fischiano i "peggio per lei, se l'è cercata", è qualcosa che stigmatizzare non serve. Abbiamo perso di vista il fatto che curare i sintomi sia del tutto inutile, quel che serve è curare le malattie che li provocano. Ammesso che si possa ancora parlare di malattie. In realtà, è sempre più evidente che siamo già morti da un pezzo e ancora non ce ne siamo accorti.
Andiamocene tutti "fuori dai piedi" il più lontano possibile, preferibilmente agli antipodi. È meglio. Chi può farlo, si salvi fino che è in tempo.

Consigli per l'ascolto:
Cristiano De André - Tempi Duri

lunedì 19 dicembre 2016

Corazza, lancia e cavallo oppure poltrona, birra e rutto libero?

Ci sono passaggi, nella vita di una persona, in cui si pongono questioni amletiche. Tipo quella del titolo: un dubbio esistenziale mica da ridere. Gli è che le sinusoidi del pensiero e dell'umore continuano ad oscillare sul piano cartesiano, spesso più sfasate che in fase tra loro o in libero battimento. Ma in un attimo, ascisse e ordinate si sono ritirate e sono ritornate all'origine zero, lasciando le curve cadere nel vuoto, dopo aver ondeggiato per un istante perplesse come Willy Coyote prima nello schianto in fondo al canyon.
E quindi morire, dormire, sognare forse, come cantavano magistralmente in inglese i New Trolls nell'Adagio del loro primo Concerto Grosso (e forse come scriveva un certo drammaturgo qualche secolo prima di loro)? Ubriacatura di ideologia e impegno tipo Anni '70 oppure ubriacatura di vodka e figa tipo Anni '80 (e seguenti)? Don Chisciotte o Ultima Thule? Michelangelo Antonioni o Alvaro Vitali? Rachmaninoff o Giovanni Allevi? Caruso o Il Volo? Giovanna Marini o Orietta Berti? La Pfm o Rovazzi? Kafka o Baricco? Beckett o la Tamaro? Il Meriggiare di Montale o la Vispa Teresa? Nunzio Gallo o Gigi D'Alessio? Una Ford Mustang del '69 o una Fiat Duna dell'89? Continuate voi, l'elenco dei dubbi amletici è lungo.
Nel frattempo, adagiato sul divano Anni '60 con le zampe di ferro collocato nella"zona pensatoio" della Camera a Nord, mentre il compianto Greg Lake continua malgrado tutto dai diffusori ad invitare dolcemente a prendere un ciottolo, tirarlo nel mare e guardare le onde sull'infinito arabesco proveniente dallo Steinway di Keith Emerson, non trovo risposta.

Aver combattuto da individuo libero e sulla tastiera e per le strade (per quanto possibile) una battaglia contro un mostro dei nostri tempi come il dittatorucolo di Pontassieve, il Genio Bomba post-berlusconiano con il suo orrido tentativo di piegare ai suoi voleri la Costituzione nata dal sangue dei partigiani utilizzando per dima le tette e le cosce della Mari Boschi, mi ha esaurito mica poco.

Soprattutto perché l'orrido e infido personaggio, al cui confronto Giuda è rifulgente esempio di lealtà e rettitudine, smentendo come da copione le sue promesse di ritirarsi a vita privata in caso di sconfitta al referendum, è sempre lì. Chiagne e fotte, fotte e chiagne con quel suo fare toscano che me lo fa liberamente associare al Pacciani con i suoi compagni di merende. I quali, in questo caso, restano tutti quanti al governo guidato dal suo braccio destro, l'ex maoista pentito e convertitosi al banchierismo più servile. Tutti meno una, sostituita da un'altra fenomena (così non sono sessista) che a quanto pare, circa la laurea, si è manifestata bugiarda ancor più bugiarda del Genio toscano. Dire che hanno la faccia come il culo, come ha elegantemente pennellato uno di loro nei confronti di uno di loro colpevole di essere stato un po' meno uno di loro, è dir poco.

Ecco, mi è bastato riparlare di questo argomento per togliermi qualunque voglia di occuparmi anche di cose ben più importanti, e per risolvere almeno qualcuno dei dubbi di cui sopra. Ho voglia di lasciare il cavallo nella stalla, di biada per nutrirsi ne ha per un bel pezzo, che si arrangi un po' da solo. E poi ho finito il Sidol per la corazza. Mi scoccia uscire dal bosco, andare in città per comprarne un altro bidone. La lancia è spuntata e vi sono incastrati pezzi di pale dell'ultimo mulino. Basta così, mi sale uno sbadiglio.

Mi stappo una red ale, ci sta pure un mezzo toscanello, mi giro dall'altra parte sul divano con le zampe di ferro. Fuori, a Nord, è grigio e spero molto nella neve. Almeno quest'anno.
Però fatemi un piacere, sapete che vi voglio bene: almeno Allevi, Il Volo, Alvaro Vitali, Gigi D'Alessio e la Fiat Duna portatemeli voi via di qui.
Grazie.

"Prendi solo un sasso e scaglialo nel mare. Poi guarda le onde che si dispiegano dentro di me. Il mio volto si riversa così gentilmente nei tuoi occhi, agitando le acque delle nostre vite.
Frammenti dei nostri ricordi giacciono sulla tua erba. Parole ferite dalle risate sono cimiteri del passato. Le fotografie sono grigie e strappate, sparse nei tuoi campi.
Le lettere dei tuoi ricordi non sono reali. La tristezza sulle tue spalle è come un soprabito consumato. Nelle tasche sgualcite e strappate restano appesi gli stracci delle nostre speranze.
Lo spuntare del giorno è la tua mezzanotte, i colori sono tutti spenti. E agitano le acque delle nostre vite, delle nostre vite. Delle nostre vite...

Consigli per l'ascolto:
Emerson, Lake and Palmer: Take a Pebble

domenica 7 febbraio 2016

L'era del silicone bianco.

Non riesco a vedere alcuna differenza di valori assoluti tra il promuovere con i soldi pubblici la venerazione ad uso del popolino di un grottesco fantoccio fatto di ossa, tessuto mummificato e silicone e l'imporre ad un altro popolino, sempre con i soldi pubblici, la decostruzione ideologica e giuridica di ciò che è più umano, vale a dire il fatto che ogni essere della nostra specie abbia una mamma, e la sua trasformazione in denegabile o rinnegabile "concetto antropologico".
Stessi prodotti malati di analoghe schizofrenie incurabili da fine impero.
Se credessi nell'esistenza del maligno, direi che tutto questo è opera sua.
Ma non credo nell'esistenza del maligno. Credo molto, invece, nel determinismo delle civilità umane: esse nascono, vivono, si espandono, poi declinano e muoiono. Tutte con gli stessi sintomi schizofrenici. E questo è un dato storico, non ideologico.
Ciascuno decida per sé a che livello è arrivata la nostra civiltà occidentale.
Per quello che penso io, quel catafalco con quel fantoccio insieme alla gente che si fa i selfie davanti è esattamente lo specchio perfetto della nostra morte già avvenuta a nostra insaputa.
Siamo tutti quanti nient'altro che zombie ricoperti di silicone bianco.

lunedì 11 gennaio 2016

Polonia: strepiti Ue per la riforma della Tv di Stato. Ma quella di Renzi è uguale, e tutti zitti

La chiamano “Legge bavaglio” sull’informazione pubblica, tutti gli organi di stampa ne sono scandalizzati e danno conto della manifestazione con “decine di migliaia di partecipanti” a Varsavia contro la “svolta autoritaria” del nuovo governo polacco eurocontrario guidato dal premier Beata Szydło, appartenente al partito “Libertà e Giustizia” di Jaroslaw Kaczynski
Ma che cosa prevede la riforma dell’emittenza radiotelevisiva di Stato polacca che tanto scandalizza gli europeisti? La nomina diretta dei responsabili di reti e testate da parte del ministero del Tesoro. E, a giudicare dalle reazioni indignate a livello europeo, si deve trattare davvero di qualcosa di molto simile a un “golpe strisciante” (la definizione è di “Repubblica”) al punto che la stessa Commissione Europea ha inviato, nei giorni scorsi, una comunicazione al governo di Varsavia in cui sottolinea “che la libertà di stampa e il pluralismo dei media sono fondamentali per il funzionamento della Ue”. Addirittura, se ne parlerà in Commissione Ue il 13 gennaio.
Peccato soltanto che la riforma dell’emittenza pubblica in Polonia, che tanto scandalizza la stampa anche quella “libera e democratica” nostrana, sia praticamente una fotocopia della riforma Rai di Matteo Renzi. E nessuno se ne accorge, oppure se ne accorgono tutti ma fanno finta di niente.

A dirla con un Edoardo Bennato d’antan, “meno male che adesso non c’è Nerone”, insomma.
Eppure sarebbe sufficiente per i coraggiosi paladini della libertà di informazione fare un piccolo sforzo per scoprire che l’informazione pubblica voluta da Renzi è tale e quale, in sostanza, quella voluta dai “nazionalisti e populisti euroscettici” polacchi. La Rai di Renzi prevede infatti un Cda con limitati poteri di sette membri, di cui due di nomina della Camera, due del Senato (che non sarà più elettivo), uno direttamente del governo e uno solo dei dipendenti. Con il combinato disposto dell’italicum, che prevede una maggioranza assoluta della Camera al governo, e con l’eliminazione dei poteri della Commissione di Vigilanza  che garantiva all’opposizione strumenti di controllo, il Cda della Rai è servito su un piatto d’argento, chiavi in mano, all’esecutivo.
Ma quello che conta davvero nella gestione dell’azienda è il potere di nomina diretta dell’amministratore delegato da parte del governo. Un Ad che fa parte del Cda e vota, tra l’altro. E che cosa fa l’Ad di stretta nomina ed osservanza governativa? Designa i direttori di rete, di testata, di canale e i dirigenti di seconda fascia. Senza nemmeno la necessità di un voto dello stesso Cda, il cui parere sarà obbligatorio ma non vincolante. Oplà, quella Polonia autoritaria che tanto scandalizza i paladini della libertà di informazione, noi ce l’abbiamo servita direttamente in casa senza colpo ferire e senza un lamento. Senza quindi che nessuno scenda per strada a manifestare, senza che la Ue si laceri le vesti e si metta a gridare allo stupro della stampa.
Viene a questo punto il dubbio: siamo sicuri che tutto questo scandaloso strabismo da parte dei colleghi italiani circa la situazione in casa propria sia determinato non tanto da scarsissima diligenza professionale quanto da quell’ossequiosa riverenza al potere sempre indispensabile al mantenimento della propria scrivania? E tutta questa solenne preoccupazione altrettanto strabica da parte dell’oligarchia Ue circa il futuro della libertà di informazione in un suo Paese membro non ci suggerisce proprio nulla? D’altra parte una Ue che strepita contro i rischi di montanti di “xenofobia e razzismo” e poi sostiene apertamente il governo ucraino di Kiev ostaggio delle forze apertamente filonaziste non può più sorprendere nessuno. Soltanto gli ingenui.

Ascolto musicale consigliato:
Meno male che adesso non c'è Nerone...

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it