mercoledì 10 giugno 2015

Mondiali di calcio per i popoli non riconosciuti: Padania - Rom, la prima partita è un incontro sublime

Premessa. Qui, nella Camera a Nord, l'unico televisore in grado di funzionare ha 53 anni di vita. E' un Cge da 19 pollici del 1962. Tutto a valvole e naturalmente in glorioso bianco e nero. Filtrati dalla sua storica nebbia catodica, i talk show contemporanei acquistano tutto un altro sapore. Sembrano distanti ere geologiche, provenienti quasi da un'altra galassia, inscatolati tra parentesi cosmiche e comiche, incorniciati tra parecchi strati di metaforiche virgolette.
Un curioso e buffo spettacolo che mi sentirei di consigliare a tutti, se mai avessero la possibilità di vedere la realtà televisiva odierna attraverso occhi e apparecchi d'antan.
Al dunque. Coccolati piacevolmente da una visione televisiva filtrata con queste modalità e depurata da ogni drammatica arroganza, è bello quindi prendere atto dai giornali italiani che sta per iniziare l'edizione 2015 dei mondiali di calcio per le nazionali dei popoli non riconosciuti, organizzata dalla federazione ConIFA. Il mondiale si svolge in Ungheria, a Debrecen, seconda città più importante dopo Budapest, poco distante dal confine con la Romania nonché sede di un club calcistico che milita nella massima serie del campionato magiaro.
Un po' deprimente, invece, leggere che il tanto interesse sui giornali italiani per questa manifestazione è dato non dall'evento in sé, ma dalle compagini in campo nello scontro iniziale: la rappresentativa della Padania incontra la nazionale del popolo Rom. Inutile quindi trovare resoconti seri di questa notizia e di questa iniziativa lodevolissima. I popoli senza Stato, le Nazioni non riconosciute, sono infatti faccenda molto seria. Ma notoriamente non per i giornalisti italiani, allevati nel culto statolatrico dello Stato-Nazione, della lingua unica, dell'identità unica, della bandiera unica, dal Piave che mormorò calmo e placido e dell'inesistenza di tutto il resto.
Ancor meno pensabile, per i media mainstream, che si possa scindere l'idea di Padania dall'idea di Lega Nord. E quindi tutti a sogghignare e a darsi di gomito ed a fare ironia su un incontro che, avesse riguardato il Tibet contro la Palestina, purtroppo non si sarebbe filato proprio nessuno nemmeno per sbaglio.
Invece il sublime match sportivo Padania-Rom meriterebbe ben altre attenzioni. Punto primo: la squadra di calcio chiamata Padania non ha (più) nulla a che fare con il partito politico Lega Nord. E questa è un'ottima cosa per tutti. Per i leghisti, per i padani e per il resto del mondo. Punto secondo: anche i popoli dell'attuale Nord Italia sono riconosciuti calcisticamente tanto quanto il Tibet, i Sami e i Rom e a tante altre minoranze, da una confederazione internazionale assolutamente sganciata da qualunque partito politico.
Punto terzo: con questo incontro calcistico (nella nazionale padana milita il fratello di Balotelli, per inciso) si ridà alla "questione Rom" il suo giusto e sacrosanto significato identitario, sganciandolo da quella sovrapposizione alle vicende di ordine pubblico giustamente stigmatizzata, e non certo da ora ma da decenni, dagli stessi migliori rappresentanti intellettuali dei popoli Rom e Sinti.
Chi scrive e chi abita in questa Camera ha da un paio di mesi sottoscritto la proposta di legge popolare per il riconoscimento delle lingue Rom e Sinti, e ancora oggi rinnova l'invito a tutti a fare altrettanto. Riconoscimento di lingua, che spetterebbe a tutti i popoli che ne hanno una non riconosciuta, e riconoscimento di uguali diritti e uguali doveri. Un'intenzione, quest'ultima, presente anche nelle dichiarazioni di tutti quelli che poi vanno nei talk show, anche se con toni e accenti completamente diversi tra loro a seconda dei punti di partenza.
Che inizi il mondiale dei popoli non riconosciuti, quindi. Il match Padania-Rom? Per me vinca il migliore, sportivamente parlando. Il migliore è chiunque dei due dimostri di esserlo sul campo. Con preventivo e successivo scambio di gagliardetti, abbracci sportivi e maglie sudate al fischio finale.

Ascolto musicale consigliato:
https://www.youtube.com/watch?v=6wFFIYAFjzw

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it