venerdì 23 marzo 2012

La Sardegna vuole ridiscutere l'italia. Fortza paris!

Castéddu (Cagliari)  - La Sardegna vuole ridiscutere il “patto” con lo Stato italiano. È stata davvero rivoluzionaria la presa di posizione dell’altro giorno del Consiglio regionale sardo: non era mai accaduto che  una Regione mettesse ufficialmente in discussione, attraverso un atto votato a maggioranza nella propria assemblea elettiva, gli assetti politici ed istituzionali che la ingabbiano in uno Stato dal quale si sente sempre meno rappresentata.
«Per la prima volta nella  storia italiana una Regione sottoporrà a verifica le ragioni della  permanenza nello Stato, il fisco, il sistema dei diritti e dei doveri, gli obblighi di sussidiarietà e leale collaborazione tra istituzioni. In altre parole: le ragioni dello stare insieme». Così spiega la portata di quanto accaduto  Giacomo Sanna, capogruppo del Partito Sardo d’Azione in  Consiglio regionale della Sardegna e primo firmatario dell’ordine del  giorno approvato mercoledì a larga maggioranza (31 voti favorevoli e 25 contrari)   dall’assemblea. Il documento presentato dal Partito sardo d’azione è  stato sottoscritto anche da Sel, Udc, Fli, Idv, Api. Ha votato a  favore una parte del Pdl e contro tutto il Pd e i Riformatori.   L'ordine del giorno, unico nella storia dell’Autonomia speciale  della Sardegna e non solo, prevede che «il Consiglio regionale, preso atto delle  ripetute violazioni dei principi di sussidiarietà e di leale  collaborazione da parte del Governo e dello Stato italiano nei  confronti della Regione Sardegna, delibera di avviare una sessione  speciale di lavori, aperta ai rappresentanti della società sarda, per la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile  con lo Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e  della permanenza della regione Sardegna nella repubblica italiana».
«La verifica sarà fatta in modo pacifico e legale e senza  esiti precostituiti. Per la prima volta la Sardegna giudicherà  l'Italia, senza separatismi, senza eversione - si legge nel sito del  Partito sardo d’azione - ma solo ponendo sul piatto una questione  semplice: stare in uno Stato comporta la vigenza di un patto  equilibrato e giusto, quale oggi questo patto non è».
Durante la presentazione dell’odg, il consigliere del Psdaz Paolo Maninchedda ha pronunciato parole di fuoco circa l’attitudine italiana nei confronti della Sardegna e delle altre Regioni. «L’Italia - ha ricordato -  ha impugnato, con la Corte costituzionale, tutte le leggi di questo Consiglio regionale e imposto a tutte le Regioni un presidenzialismo becero, giacché ha bocciato tutti gli statuti e le leggi statutarie che non avevano queste caratteristiche».
«Questa è l’Italia e a questa Italia non ci si può presentare con la solita logica della rivendicazione - ha proseguito -,  occorre fare un passo avanti. Questo Consiglio ha respinto la mozione sull’indipendenza, noi ne prendiamo atto ma chiediamo una cosa: che voglia considerare oggi, con un ordine del giorno, l’apertura di una sessione speciale dei suoi lavori, aperta alla società, ai deputati e ai senatori, impegnata a verificare la convenienza del nostro permanere nella Repubblica italiana».
«La nostra proposta - ha concluso - è di sottoporre a verifica da subito la vigenza dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione, per accertare se essi siano rispettati da entrambe le parti; la nostra proposta è sottoporre l’unità d’Italia a verifica di giustizia e di vigenza».
Ieri la reazione della stampa “ufficiale” che ha rilanciato la notizia è stata allarmata: il Sole 24 Ore ha infatti pubblicato sul suo sito un articolo in cui si parla esplicitamente di «rischio secessione» che «soffia da Cagliari e non solo dalla sede della Lega Nord di Via Bellerio a Milano». D’altra parte, che i popoli si stiano risvegliando da Nord a Sud non è certo, almeno per chi legge il nostro giornale, una novità di oggi.
(pubblicato su la Padania di oggi, 23 marzo 2012)

giovedì 8 marzo 2012

Donne che odiano gli uomini. 50 mila maltrattati ogni anno, la violenza di cui non parla nessuno

Un'inquietante e sconcertante inchiesta riportata dall'agenzia Adnkronos: 50mila uomini maltrattati ogni anno dalle donne. Donne che odiano gli uomini. Una realtà spesso sconosciuta, quella dei maltrattamenti, psicologici, fisici e sessuali che ogni anno circa 50mila uomini italiani subiscono per mano di mogli o compagne, soprattutto in fase pre o post separazione e quando ci sono di mezzo i figli. A stimare all’Adnkronos le cifre del fenomeno è Vincenzo Spavone, presidente dell’Associazione Genitori separati dai figli (Gesef). Un dato che fa ancora più "effetto" in occasione della giornata della donna che si celebra oggi. Come risulta da un’indagine condotta dall’associazione, monitorando circa 27mila uomini-padri, separati o separandi che si sono rivolti allo sportello di ascolto Gesef, "il fenomeno della violenza sugli uomini è tutt'altro che marginale", anche se "gli episodi di lieve e media gravità - emerge dalla ricerca - non vengono percepiti dai soggetti come reato: pertanto non vengono mai denunciati, e solo raramente rivelati ad amici o familiari. Soprattutto perchè fra gli uomini prevale un sentimento di vergogna e umiliazione, nonchè il dubbio di non essere creduti". Per questo solo il 5% degli episodi di maggiore gravità viene denunciato alla autorità pubblica, in particolare nella fase di crisi della coppia o dopo la separazione. Denunce spesso ritirate per arginare la conflittualità della controparte o che finiscono nel calderone del giudizio di separazione. Fra gli episodi di maltrattamenti fisici riferiti dagli uomini, si va dagli spintoni e strattonamenti (subiti dal 93% degli uomini durante la convivenza e dal 34% dopo la separazione), a schiaffi, pugni e calci (subiti dal 56% durante la convivenza e dal 23% post separazione), fino al tentativo di soffocamento, ustione, avvelenamento, lesione ai genitali o investimento con l’auto (subiti dal 20% degli uomini) o alle ferite con corpo contundente, coltello o forbici che hanno richiesto l’intervento sanitario (15%).
Ma la violenza psicologica - secondo il presidente del Gesef - è la più "pesante" da sopportare per gli uomini. Una violenza che, durante la convivenza "viene percepita dalla maggior parte dei soggetti - emerge dallo studio - come lesiva della dignità personale e del ruolo familiare. Mentre dopo la separazione, la violenza subita è identificata principalmente come stato di perenne tensione vendicativa/distruttiva, ovvero uno strumento per corrodere la propria relazione con i figli". E anche "il 'mobbing giudiziario" diventa una strategia di "bombardamento per procura". In questi casi, gli uomini arrivano spesso a sviluppare stati di profonda angoscia, arrivando a non aprire più la cassetta della posta o a non rispondere al campanello nel timore di vedersi recapitare ulteriori ingiunzioni. Fra le violenze psicologiche, al primo posto figurano "le azioni o minacce di azioni finalizzate a togliere i figli" riferite da ben l'89% degli uomini-padri, dopo la separazione. La stessa percentuale denuncia diffamazioni, ingiurie, umiliazioni e offese; seguite (con l'87%) da critiche e denigrazione sistematica sulle capacità genitoriali e l’educazione dei figli. Ma non mancano episodi di stalking, sia durante la convivenza (23%) che dopo la separazione (42%), e minacce di suicidio o di far male ai figli.
E ancora: violenza sessuale, un fenomeno fra i più sconosciuti alle cronache, ma che riguarda "tutti quei processi o episodi che producono effetti devastanti sulla personalità e nell’ambito psico-fisico dell’uomo vittima, equiparabili e talora superiori a quelli dello stupro subito dalla donna", spiega la ricerca. Si va dal rifiuto sistematico e prolungato del rapporto sessuale da parte della donna, riferito dal 68% degli uomini, ai casi in cui le donne denunciano strumentalmente di aver subito molestia o violenza o denunciano abusi sessuali sui figli (con percentuali del 33%). Infine: la violenza economica. Durante la convivenza, in oltre 1/3 dei casi si verifica una resistenza della partner lavoratrice retribuita alla condivisione delle spese per la casa e il mantenimento dei figli, che incidono perlopiù sul reddito del soggetto vittima. Percentuale che dopo la separazione aumenta al 79%. Fra gli altri comportamenti: la sottrazione di fondi bancari cointestati (denunciata nel 60% dei casi durante la convivenza) o di beni e oggetti di comune proprietà (67%), fino al ricatto economico, ovvero la possibilità di frequentare i figli in cambio di una somma più consistente di denaro per il loro mantenimento.

martedì 28 febbraio 2012

Chi tocca i fili muore.

Per un'idea, giusta o sbagliata che sia, si può fare tutto. Ci si può vestire di rosso, di nero, di bianco, di verde o di arcobaleno. Oppure ci si può spogliare. Si può partire per il mondo o ci si può rinchiudere in una torre o in una cella. Si può parlare allo Speaker's corner o imbavagliarsi in tv. Si può scalare una montagna con corde e attrezzi lucenti oppure un campanile con un fucile arrugginito che non può sparare. Si può manifestare in pace o scendere sul piede di guerra. Si può uccidere o ci si  può far uccidere. Si può andare in montagna o sul Lago di Garda, comporre una poesia oppure un canto rivoluzionario, scrivere un romanzo oppure balbettare parole sulle pareti del cesso della stazione. Si può pregare oppure bestemmiare, mangiare a sproposito oppure digiunare, bere solo acqua di fonte oppure le proprie urine. Si può scegliere di gettarsi sotto il treno o saltare sulle stelle, si può vivere o morire. L'importante, per un'idea, giusta o sbagliata che sia, è che qualunque cosa scelga, un uomo sia sempre responsabile e cosciente di quello che fa. "Chi tocca i fili muore", c'è scritto sui tralicci e nella consapevolezza dei senzienti che sanno che il fuoco brucia così come sanno che l'acqua annega. Si può scegliere di salirci oppure no. Ma se si sale, si affronta il rischio e quello ti stronca, nessuno poi dica che la colpa è di qualcun altro. Ne uscirebbero a pezzi, inceneriti, sia l'uomo che la sua idea. Giusta o sbagliata che sia.

venerdì 24 febbraio 2012

La lettera aperta di Mikis Theodorakis: contro Ue, Bce e Fmi nuova Resistenza e Solidarietà nazionale

Questa è la lettera aperta scritta dal grande compositore greco Mikis Theodorakis il 12 febbraio scorso, il giorno prima delle grandi manifestazioni di piazza ad Atene e nelle principali città greche contro il varo del piano di austerità imposto dalla troika Uc/Bce/Fmi e fatto proprio dal premier Goldman-Papademos. Un coraggioso ed aperto atto di denuncia civile da parte di un intellettuale che, dopo aver sfidato il nazismo ed il regime dei colonnelli, non ha paura, a 86 anni, di rimettersi in gioco contro la terza dittatura della sua vita, quella dei banchieri e degli usurai che hanno direttamente preso il controllo delle istituzioni e della vita del popolo greco. Theodorakis, il giorno dopo, sarebbe rimasto coinvolto negli scontri ed intossicato dai gas lacrimogeni sparati dalle forze di polizia. Sia una lezione ai tanti servitori ed idolatri del nostro Goldman-Monti, anch'egli fedele servitore degli stessi poteri che stanno mandando in miseria il popolo greco, ed i popoli dello stato italiano.

"Esiste un complotto internazionale che ha l'obiettivo di cancellare il mio paese. E’ iniziato nel 1975 opponendosi alla civiltà neo-greca, è continuato con la distorsione sistematica della nostra storia contemporanea e della nostra identità culturale e adesso sta cercando di cancellarci anche materialmente con la mancanza di lavoro, la fame e la miseria.
Se il popolo greco non prende la situazione in mano per ostacolarlo, il pericolo della sparizione della Grecia è reale. Io lo colloco entro i prossimi 10 anni.


Di noi, resterà solo la memoria della nostra civiltà e delle nostre battaglie per la libertà.


Fino al 2009 il problema economico non era grave. Le grandi ferite della nostra economia erano la spesa esagerata per la difesa del paese e la corruzione di una parte dei politici e dei giornalisti. Per queste due ferite, però, erano corresponsabili anche dei paesi stranieri. Come la Germania, la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti che guadagnavano miliardi di euro da noi con la vendita annuale di materiale bellico. Questa emorragia continua ci metteva in ginocchio e non ci permetteva di crescere mentre offriva grandi ricchezze ai paesi stranieri. Lo stesso succedeva con il problema della corruzione. La società tedesca Siemens manteneva un dipartimento che si occupava della corruzione dei nostri politici, per poter piazzare meglio i suoi prodotti nel mercato greco. Di conseguenza, il popolo greco è stato vittima di questo duetto di ladri, Greci e Tedeschi, che si arricchivano sulle sue spalle.


È evidente che queste due ferite potevano essere evitate se i due partiti al potere (filo americani) non avessero raccolto tra le loro fila elementi corrotti, i quali, per coprire l’emorragia di ricchezze (prodotte dal lavoro del popolo greco) verso le casse di paesi stranieri, hanno sottoscritto prestiti esagerati, con il risultato che il debito pubblico è aumentato fino a 300 miliardi di euro, cioè il 130% del Pil.


Con questo sistema, le forze straniere di cui ho detto sopra, guadagnavano il doppio. Dalla vendita di armi e dei loro prodotti, prima; dai tassi d’interesse dei capitali prestati ai vari governi (e non al popolo), dopo. Perché come abbiamo visto, il popolo è la vittima principale in ambedue i casi. Un esempio solo vi convincerà. I tassi d’interesse di un prestito di 1 miliardo di dollari che contrasse Andreas Papandreou nel 1986 dalla Francia, sono diventati 54 miliardi di euro e sono stati finalmente saldati nel…2010!
Il Sig. Juncker ha dichiarato un anno fa, che aveva notato questa grande emorragia di denaro dalla Grecia a causa di spese enormi (ed obbligatorie) per l’acquisto di vari armamenti dalla Germania e dalla Francia. Aveva capito che i nostri venditori ci portavano direttamente ad una catastrofe sicura ma ha confessato pubblicamente che non ha reagito minimamente, per non colpire gli interessi dei suoi paesi amici!


Nel 2008 c’è stata la grande crisi economica in Europa. Era normale che ne risentisse anche l’economia greca. Il livello di vita, abbastanza alto (eravamo tra i 30 paesi più ricchi del mondo), rimase invariato. C’è stata, però, la crescita del debito pubblico. Ma il debito pubblico non porta obbligatoriamente alla crisi economica. I debiti dei grandi paesi come gli USA e la Germania, si contano in tris miliardi di euro. Il problema era la crescita economica e la produzione. Per questo motivo furono contratti prestiti dalle grandi banche con tasso fino al 5%. In questa esatta posizione ci trovavamo nel 2009, fino a quando in novembre è diventato primo ministro Georges Papandreou. Per farvi capire cosa ne pensa oggi il popolo greco della sua politica catastrofica, bastano questi due numeri: alle elezioni del 2009 il partito socialista ha preso il 44% dei voti. Oggi le proiezioni lo portano al 6%.

Papandreou avrebbe potuto affrontare la crisi economica (che rispecchiava quella europea) con prestiti dalle banche straniere con il tasso abituale, cioè sotto il 5%. Se avesse fatto questo, non ci sarebbe stato alcun problema per il nostro paese. Anzi, sarebbe successo l’incontrario perché eravamo in una fase di crescita economica.
Papandreou, però, aveva iniziato il suo complotto contro il proprio popolo dall’estate del 2009, quando si è incontrato segretamente con il Sig. Strauss Kahn per portare la Grecia sotto l’ombrello del FMI (Fondo Monetario Internazionale). La notizia di questo incontro è stata resa pubblica direttamente dal Presidente del FMI.


Per passare sotto il controllo del FMI, bisognava stravolgere la situazione economica reale del nostro paese e permettere l’innalzamento dei tassi d’interesse sui prestiti. Questa operazione meschina è iniziata con l’aumento “falso” del debito interno, dal 9,2% al 15%. Per questa operazione criminale, il Pm Peponis, ha chiesto 20 giorni fa, il rinvio a giudizio per Papandreou e Papakostantinou (Ministro dell’economia). Ha seguito la campagna sistematica in Europa di Papandreou e del Ministro dell’economia che è durata 5 mesi, per convincere gli europei che la Grecia è un Titanic pronto per andare a fondo, che i greci sono corrotti, pigri e di conseguenza incapaci di affrontare i problemi del paese. Dopo ogni loro dichiarazione, i tassi d’interesse salivano, al punto di non poter ottenere alcun prestito e di conseguenza il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea hanno preso la forma dei nostri salvatori, mentre nella realtà era l’inizio della nostra morte.


Nel Maggio del 2010 è stato firmato da un solo Ministro il famoso primo accordo di salvataggio. Il diritto greco, in questi casi, esige, per un accordo così importante, il voto favorevole di almeno tre quinti del parlamento. Quel primo accordo è dunque illegale. La troika che oggi governa in Grecia, agisce in modo completamente illegale. Non solo per il diritto greco ma anche per quello europeo.


Dal quel momento fino ad oggi, se i gradini che portano alla nostra morte sono venti, siamo già scesi più della metà. Immaginate che con questo secondo accordo, per la nostra “salvezza”, offriamo a questi signori la nostra integrità nazionale e i nostri beni pubblici. Cioè Porti, Aeroporti, Autostrade, Elettricità, Acqua, ricchezze minerali ecc. ecc. ecc. i nostri, inoltre, monumenti nazionali come l’Acropolis, Delfi, Olympia, Epidauro ecc. ecc. ecc.; perché con questi accordi abbiamo rinunciato ad eventuali rincorsi.


La produzione si è fermata, la disoccupazione è salita al 20%, hanno chiuso 80.000 negozi, migliaia di piccole fabbriche e centinaia di industrie. In totale hanno chiuso 432.000 imprese. Decine di migliaia di giovani laureati lasciano il paese che ogni giorno si immerge in un buio medioevale. Migliaia di cittadini ex benestanti, cercano nei cassonetti della spazzatura e dormono per strada. Intanto si dice che siamo vivi grazie alla generosità dei nostri “salvatori”, dell’Europa, delle banche e del Fondo Monetario Internazionale. In realtà, ogni pacchetto di decine di miliardi di aiuti destinato alla Grecia torna per intero indietro sotto forma di nuovi incredibili tassi d’interesse.


E siccome c’è bisogno di continuare a far funzionale lo stato, gli ospedali, le scuole ecc., la troika carica di extra tasse (assolutamente nuove) gli strati più deboli della società e li porta direttamente alla fame. Un'analoga situazione di fame generalizzata l’avemmo all’inizio dell’occupazione nazista nel 1941, con 300.000 morti in 6 mesi. Adesso rivediamo la stessa situazione. Se si pensa che l’occupazione nazista ci è costata 1 milione di morti e la distruzione totale del nostro paese, com’è possibile per noi greci accettare le minacce della sig.ra Merkel e l’intenzione dei tedeschi di installare un nuovo gaulaighter… e questa volta con la cravatta…


E per dimostrare quant’è ricca la Grecia e quanto lavoratori sono i greci, che sono coscienti del Obbligo di Libertà e dell’amore verso la propria patria, c'è l'esempio di come reagì all'occupazione nazista dal 1941 all’Ottobre del 1944. Quando gli SS e la fame uccidevano 1 milione di persone e la Vermacht distruggeva sistematicamente il paese, derubando la produzione agricola e l’oro dalle banche greche, i greci hanno fondato il movimento di solidarietà nazionale che ha sfamato la popolazione ed hanno creato un esercito di 100.000 partigiani che ha costretto i tedeschi ad essere presenti in modo continuo con 200.000 soldati. Contemporaneamente, i greci, grazie al proprio lavoro, sono riusciti non solo a sopravvivere ma a sviluppare, sotto condizioni di occupazione, l’arte neo greca soprattutto la letteratura e la musica.


La Grecia scelse la via del sacrificio per la libertà e la sopravvivenza. Anche allora ci colpirono senza ragione e noi rispondemmo con la Solidarietà e la Resistenza, e siamo riusciti a vincere. La stessa cosa che dobbiamo fare anche adesso con la certezza che il vincitore finale sarà il popolo greco. Questo messaggio mando alla Sig.ra Merkel ed al Sig. Schäuble, dichiarando che rimango sempre amico del Popolo Tedesco ed ammiratore del suo grande contributo alla Scienza, la Filosofia, l’Arte e soprattutto alla Musica! E forse, la miglior dimostrazione di questo è che tutto il mio lavoro musicale a livello mondiale, l’ho affidato a 2 grandi editori tedeschi “Schott” e “Breitkopf” con cui ho un’ottima collaborazione.


Minacciano di mandarci via dall’Europa. Ma se l’Europa non ci vuole 1 volta, noi, questa Europa di Merkel e Sarkozy, non la vogliamo 10 volte.


Oggi è domenica 12 Febbraio. Mi sto preparando per prendere parte con Manolis Glezos, l’eroe che ha tirato giù la svastica dall’Acropolis, dando così il segnale per l’inizio non solo della resistenza greca ma di quella europea contro Hitler. Le strade e le nostre piazze si riempiranno di centinaia di migliaia di cittadini che esprimeranno la propria rabbia contro il governo e la troika. Ho sentito ieri il nostro Primo ministro – banchiere, rivolgendosi al popolo greco, dire che “siamo arrivati all’ora zero”. Chi, però, ci ha portati all’ora ZERO in due anni? Le stesse persone che invece di trovarsi in prigione, ricattano i parlamentari per firmare il nuovo accordo, peggio del primo, che sarà applicato dalle stesse persone con gli stessi metodi che ci hanno portato all’ora ZERO! Perché? Perché questo ordina l’FMI e l’Eurogroup, ricattandoci che se non obbediremo ci sarà il fallimento…


Stiamo assistendo al teatro della paranoia. Tutti questi signori, che in sostanza ci odiano (greci e stranieri) e che sono gli unici responsabili della situazione drammatica alla quale hanno portato il paese, minacciano, ricattano, ordinano con l’unico scopo di continuare la loro opera distruttiva, cioè di portarci sotto l’ora ZERO, fino alla nostra sparizione definitiva.


Siamo sopravvissuti nei secoli, in condizioni molto difficili ed è certo che se ci porteranno con la forza, con la violenza, al penultimo gradino prima della nostra morte, i Greci, non solo sopravvivranno ma rinasceranno. In questo momento presto tutte le mie forze all’unione dinamica del popolo greco. Sto cercando di convincerlo che la Troika e l’FMI non sono una strada senso unico. Che esistono anche altre soluzioni. Guardare anche verso la Russia per una collaborazione economica, per lo sfruttamento delle nostre ricchezze minerarie, con condizioni diverse, a favore dei nostri interessi.


Per quanto riguarda l’Europa, propongo di interrompere l’acquisto di armamenti dalla Germania e dalla Francia. E dobbiamo fare tutto il possibile per prendere i nostri soldi, che la Germania ancora non ha saldato dal periodo della guerra. Tale somma ad oggi è quasi 500 miliardi di euro!!!


L’unica forza che può realizzare questi cambiamenti rivoluzionari è il popolo greco, unito in un enorme Fronte di Resistenza e Solidarietà, per mandare via la troika (FMI e Banche) dal paese. Nel frattempo devono essere considerati nulli tutti gli accordi illegali (prestiti, tassi d’interesse, tasse, svendita del paese ecc.). naturalmente, i loro collaboratori greci, che sono già condannati nella coscienza popolare come traditori, devono essere puniti.


Per l’Unione di tutto il Popolo stò dedicando tutte le mie energie e credo che alla fine ce la faremo. Ho fatto la guerra con le armi in mano contro l’occupazione nazista. Ho conosciuto i sotterranei della Gestapo. Sono stato condannato a morte dai Tedeschi e sono vivo per miracolo. Nel 1967 ho fondato il PAM, la prima organizzazione di resistenza contro i colonnelli. Ho agito nell’illegalità contro la dittatura. Sono stato arrestato ed imprigionato nel “mattatoio” della dittatura. Alla fine sono sopravvissuto e sono ancora qui.


Oggi ho 87 anni ed è molto probabile che non riuscirò a vedere la salvezza della mia amata patria. Ma morirò con la mia coscienza tranquilla, perché continuo a fare le mie battaglie per gli ideali della Libertà e del Diritto fino alla fine".

Mikis Theodorakis

giovedì 23 febbraio 2012

La farfallina Belen o l'avvoltoio Monti?

"Nel medesimo giornale
usuale,
nel giornale di tutti i giorni, ..
ho letto:
Ci sono trentotto milioni di profughi
nel mondo.
E sulla medesima facciata:
Eredita ventimila dollari un pappagallo".


(M. Quoist, "Nel medesimo giornale")

Dalla medesima televisione, usuale, dalla televisione di tutti giorni, ho sentito al tg5 : Belen vende per novemila euro il suo vestito inguinale ad una imprenditrice bergamasca". E su Rainews, poco dopo: Monti, parlando della macelleria sociale del collega spagnolo Rajoy: "Sono molto positivamente impressionato dalla sua riforma del sistema bancario e da quella del mercato del lavoro: provvedimenti cruciali che a nostro avviso vanno nella giusta direzione".

Belen e Monti, due facce della stessa, identica medaglia.


"Ecco il volto
ignobile e orrendo
della barbarie".

(M. Quoist, "Nel medesimo giornale")

sabato 18 febbraio 2012

Il gambero di Sanremo

Il sermone di Celentano e la farfallina di Belen, ovvero il teatro che fa di questa insopprimibile kermesse una fantastica arma di distrazione di massa per il popolo italiota. Bene. E poi, un po' di musica decente, finalmente: Patti Smith & Marlene Kunz. Detto fra di noi, l'unica cosa di musicale per cui valeva scomodarsi di prestare un po' di attenzione al Sanremo di quest'anno, anche se non hanno presentato certo nulla di nuovo. Tutt'altro. In ogni caso, Impressioni di Settembre e Because the Night stanno a Sanremo come un Moet & Chandon sta in una mensa ferroviaria, con tutto il rispetto dovuto ai ferrovieri.
Ma la novità dell'anno scorso, l'unica novità per cui il polveroso ancorché scintillante appuntamento si è potuto finalmente presentare come moderno? Quale? Chi aveva guadagnato il quarto posto, a sorpresa, con una spumeggiante canzone in una lingua regionale che si ascolta volentieri ancora oggi, a un anno di distanza? Ma Davide Van De Sfroos, naturalmente. Quest'anno, nisba. Si è tornati indietro all'italiano puro e stantio, quasi come se il lavoro di anni per svecchiare il festival ridandogli un po' di vita con le musiche e le lingue dei territori fosse passato invano. Qualche cosa in napoletano di repertorio, e questo non fa certo notizia. Tutto il resto è silenzio e banalità muffe, ad usum delphini. Il Gambero di Sanremo dice di guardare avanti, ma in realtà si è rituffato, quest'anno, nel mare delle ovvietà da cui era sembrato voler fuggire. Contento lui.

venerdì 17 febbraio 2012

Ci mancava pure l'accordo della Ue con il Marocco: viva la crescita. Della miseria.

Certe cose arrivano sempre puntuali: in un momento in cui la crisi del sistema europeo ed occidentale ha iniziato la sua marcia a tappe forzate verso il baratro, ci voleva qualcosa che ne accelerasse ancora di più la corsa. E che cosa ti va ad inventare il mefistofelico accrocchio di poteri finanziari ed usurari chiamato Unione europea? Un bell'accordo con il Marocco per la liberalizzazione del commercio di prodotti agricoli e della pesca. Proprio quello che ci voleva per risollevare le sorti dei settori produttivi, in primis il settore primario d'Europa, in particolare quello dell'area del Mediterraneo. Le cronache danno per "sofferta" la votazione all'Europarlamento: 369 i sì (tra cui, peraltro, quello del professor Romano Prodi, che le classi lavoratrici l'abbiano perennemente in gloria), 229 i no e 31 astenuti. Paradossalmente, il relatore francese che ne ha proposto la bocciatura era quel José Bové già leader della rivolta "no global" dei produttori francesi di formaggio. Bocciatura bocciata, l'accordo è passato. E Bové ha ritirato il suo nome, denunciando "gli effetti negativi sui piccoli agricoltori europei, per le condizioni precarie di lavoro e ambientali in Marocco e per l'inclusione del territorio del Sahara Occidentale, punto che violerebbe il diritto internazionale".
Già, il Sahara occidentale, il popolo Saharawi e il Fronte Polisario, per tenere fuori il quale dai suoi territori il Marocco ha costruito il muro più lungo della storia: una barriera fisica lunga 2720 chilometri, una vergogna della quale in Occidente non si parla. Ma tant'è: ora la "vulgata" vuole che la "primavera araba" porti la democrazia nel Maghreb, e allora chissenefrega dei Saharawi e degli agricoltori e dei pescatori d'Europa. Si arrangino, per vivere mangino la carta sul quale c'è scritto l'accordo con il Marocco, e si dedichino ad altro. Insomma, non siano troppo monotoni. Oppure imparino a lavorare per hobby o per la gloria, siano competitivi e anziché usare il gasolio ormai diventato caro come l'oro, per il loro lavoro tirino a piedi gli aratri e a pescare ci vadano a nuoto.

Quindi, in conclusione: il settore secondario, la produzione industriale, è ormai delocalizzata. Il primario, cioè l'agricoltura e la pesca, anche. Non bastavano le Pac, le quote e le contingentazioni della produzione. Ora importiamo anche, prodotti a prezzi ancor più bassi della miseria che viene riconosciuta agli agricoltori per quello che producono qui. Complimenti vivissimi, il piano è davvero formidabile.

Tra i primi a lanciare il grido di dolore e di battaglia, i "Forconi" siciliani: "Questa è la firma ad una sentenza di morte per l’economia della Sicilia. Il 6 marzo porteremo la Sicilia e i siciliani a protestare a Palermo davanti al palazzi del potere per dare una spallata a questo governo che non riesce a difendere il suo popolo. Giorno 11 marzo saremo a Chianciano e da lì partirà anche l’offensiva nazionale", ha affermato il leader dei "Forconi" Mariano Ferro. "Siamo alla disperazione - ha aggiunto - ma non ci vogliamo suicidare. C'è poco da fare, vogliamo combattere questi governi che vogliono farci pagare il conto nella totale disattenzione dei partiti politici nazionali". "Quello votato oggi e' un accordo che continua a penalizzare l'agricoltura mediterranea, l'ortofrutta in primis e che ancora una volta risulta sbilanciato verso gli interessi delle produzioni continentali e di altri settori economici ed avra' l'effetto di aumentare le importazioni verso il nostro paese, tra l'altro negli stessi periodi di massima produzione delle nostre produzioni ortofrutticole meridionali. E' difficile pensare allo sviluppo del nostro sud se l'Europa continua a muoversi su queste direttrici", ha detto da parte sua il presidente di Fedagri-Confcooperative Maurizio Gardini, anche a nome di Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital. "L'accordo di libero scambio tra Ue e Marocco metterà a rischio migliaia di imprese e posti di lavoro. Un danno enorme per tantissimi agricoltori che sono già stati colpiti duramente dalla grave crisi economica. Per il nostro sistema agricolo ed agroalimentare l'impatto sarà catastrofico'', si legge in un comunicato della Confederazione italiana agricoltori. ''L'accordo - rileva la Cia - risulta molto piu' favorevole al Marocco e a rimetterci saranno esclusivamente gli agricoltori europei. Soprattutto l'Italia verrebbe invasa da prodotti ortofrutticoli (pomodori, zucchine, cetrioli, aglio, agrumi e fragole) a prezzi estremamente competitivi, visto che i costi di produzione e della manodopera nel paese magrebino sono molto piu' bassi dei nostri''. Stessi toni nei commenti della Coldiretti: "Un accordo squilibrato che colpisce duramente l'agricoltura italiana In un contesto già particolarmente difficile dal punto di vista economico e sociale". L'assessore all'agricoltura della Regione Piemonte, Claudio Sacchetto, non è stato meno pesante: "Un vero e proprio colpo basso al comparto ortofrutticolo italiano il quale dovrà fare i conti con una concorrenza spietata causata dalla possibile invasione sul mercato di prodotti ortofrutticoli provenienti dal Marocco. Una decisione, quella del Parlamento Europeo, che può dirsi avventata e contro il bene degli agricoltori. Credo che non si debba confondere lo spirito del libero mercato con una completa deregolamentazione delle regole sul libero scambio fra Paesi e realtà profondamente diversi in materia di rapporti interprofessionali e quindi di costi di produzione. Vorrei una volta per tutte sapere perchè l’Unione Europea applica il liberismo ortodosso soltanto in agricoltura e decisamente meno in altri settori. Al contrario ritengo sarebbe necessario implementare o introdurre le soglie di dazi onde evitare di soccombere sull’altare del libero scambio che in realtà viene applicato solo dall’Europa, in quanto anche altri grandi Paesi come gli Stati Uniti ed il Giappone applicano forme di parziale protezione delle loro produzioni. Il libero mercato o è uguale per tutti o non è”.
C'è anche una terza possibilità: che per i "soliti noti" sia molto, ma molto "più uguale" che per gli altri.

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Mi chiamo Gioann March Pòlli (Giovanni Marco Polli all'anagrafe italiana). Sono giornalista professionista e per quasi diciotto anni mi sono occupato di politica, culture e identità per il quotidiano la Padania. Credo nella libertà assoluta di pensiero e odio visceralmente le catene odiose del "politicamente corretto". E non mi piacciono, in un libero confronto di idee, barriere ideologiche, geografiche o mentali. Scrivetemi a camera.nord@libero.it